IMPRONTA PODALICA: valutazione morfologica e valutazione funzionale. Metodiche a confronto

M.A.FUSCO: Ph.D in Posturologia e Biomeccanica - Pres. I.S.F.O.M. - Reponsabile Centro Studi e Ricerche KS  ITALIA.

Lo studio dell’appoggio plantare viene fatto abitualmente con una valutazione morfologica dell’impronta.

Tale studio può avvenire o su podoscopio, o su carta per podogramma, o su pedana stabilometrica.

Il PODOSCOPIO è un attrezzo con struttura in legno o metallo , con un piano di vetro, riflettente, illuminato tangenzialmente, ed un piano inferiore, inclinsto rispetto al piano di vetro, costituito da uno specchio. 

Il paziente sale, a piedi nudi, sul piano di  vetro, in appoggio monopodalico o bipodalico. (fig. 1)

(fig. 1)

Il podoscopio permette di valutare le pressioni esercitate nelle zone di appoggio plantare, evidenziate da immagini di differente intensità luminosa. La registrazione delle immagini può avvenire o su foto o su video. La valutazione delle immagini così ottenute si basa sulla osservazione della siluette dell’impronta e della distribuzione dei carichi.  

(fig. 2)

La CARTA  PER  PODOGRAMMA permette di rilevare l’impronta dell’appoggio plantare mediante della carta carbone disposta su uno strato di cartoncino adesivo. L’impronta rilevata permette lo studio della forma dell’impronta, e di risalire alla distribuzione dei carichi , valutando le zone più scure come di iperpressione e le zone più chiare come di normopressione o ipopressione. Il podogramma rimane indelebile nel tempo, in quanto la confezione prevede che venga ricoperto di uno foglio trasparente di cellophan. Esistono anche dei sistemi ad inchiostro, che non variano molto da quello descritto. (fig. 2)

La PEDANA

STABILOMETRICA  è una macchina computerizzata con un software programmato per la lettura delle pressioni ed un sistema periferico composto da sensori e da una interfaccia di collegamento tra i sensori ed il computer. Il paziente si può posizionare in appoggio monopodalico o bipodalico ; ad occhi aperti o chiusi, a seconda delle valutazioni da eseguire. Il sistema permette di rilevare la forma dell’impronta, le pressioni esercitate dal peso del corpo, nonché la distribuzione di tale peso sui vari segmenti

dell’appoggio podalico, esprimendole in kg. di pressione e percentuali di distribuzione. I valori numerici espressi da tale strumentario, sono sicuramente più precisi dei due precedenti metodi di indagine. (fig.3)  

(fig.3)

(fig. 4)

La valutazione dell’impronta così ottenuta, si basa essenzialmente su aspetti morfologici. Si definisce  impronta  normale, quella in cui la larghezza dell’istmo, cioè la zona del mesopiede che tocca il terreno lungo il bordo laterale, corrisponde ad 1/3 della larghezza espressa dall’impronta a livello delle teste metatarsali anteriori. (fig. 4)
Si definisce impronta da piede piatto, quella in cui la larghezza dell’istmo è superiore ad 1/3 , considerando anche tre gradi di gravità del piattismo, lieve – medio – grave, opp. 1° - 2° - 3°, sempre basati sull’espressione della larghezza dell’istmo.

Si definisce impronta da piede cavo, quella in cui la larghezza dell’istmo è inferiore a 1/3 , considerando anche in questo caso tre gradi di gravità del cavismo, lieve – medio – grave , opp. 1° - 2° - 3°.

Esistono poi tante sottoclassi: piede pronato – supinato – valgo – varo ecc…

Questo tipo di valutazione e classificazione è universalmente riconosciuta ed accettata, e, fino ad oggi, solo in base a tali parametri veniva riconosciuto un piede alterato da un piede perfettamente normale.

Il mio metodo di valutazione del piede è, invece, di tipo funzionale.

Partendo dal concetto che le arcate ossee in statica sono mantenute in tale assetto architettonico antigravitazionale dalla forza attiva sviluppata da muscoli e fasce, rivolgo la mia attenzione valutativa alla funzione di tali muscoli e fasce. Ho isolato quella che ho definito “catena statica dell’appoggio plantare”, rappresentata da:

  1. flessore corto dell'alluce
  2. adduttore dell'alluce
  3. flessore corto del V dito responsabili del mantenimento dell'arcata anteriore traversa;
  1. flessore corto dell'alluce
  2. abduttore dell'alluce
  3. zona del cuneo pronatore responsabili del mantenimento dell'arcata longitudinale mediale;
  1. flessore corto del V dito
  2. abduttore del V dito
  3. zona del cuneo supinatore responsabili del mantenimento dell'arcata longitudinale laterale. (fig.5)

(fig.5)

Definisco perciò piede normale, un piede in cui tutte le componenti della catena statica podalica sono normofunzionanti e, quindi, sorreggono arcate ossee normali per forma, architettura, elasticità, ed in cui normali sono le afferenze delle terminazioni nervose autonome indovate nel tessuto muscolo-legamentoso ed articolare. 

Molto spesso ho rilevato che ad una impronta morfologicamente normale non corrisponde un piede funzionalmente normale.

E’ stato, per questo, necessario formulare una diversa classificazione, non per manie di distinzione da ciò che viene già fatto, ma solo per esprimere con parole comuni un diverso concetto.

Classificazione funzionale dell’appoggio podalico (fig.6-7):

(fig.6)  Piede piatto funzionale: 

lassità muscolo-legamentosa che coinvolge il versante mediale del  piede.

1°, 2° o 3° a seconda del numero dei muscoli trovati in ipotono.

(fig.7)  Piede cavo funzionale:

lassità muscolo-legamentosa che coinvolge il versante laterale del piede e mai la salienza massima dell’arcata mediale.

1°, 2° o 3° a seconda del numero dei muscoli trovati in ipotono.

Ho fatto, poi, un confronto tra le due metodiche valutative su un campione di 525 pz. I risultati sono espressi dalle due tabelle seguenti. Come si può vedere facilmente i metodi valutativi differiscono notevolmente. I pazienti valutati erano tutti portatori di alterazioni posturali, quindi presentavano segni e sintomi di patologia. 

Se avessi praticato soltanto una valutazione morfologica dell’impronta plantare, i 14 pz. con impronta morfologica normale , non sarebbero stati riconosciuti come portatori di problematiche posturali ascendenti. Una incidenza di errore diagnostico del 100%. Anche nel gruppo di pz. con impronta morfologica cava , ben 374, la sola valutazione morfologica avrebbe determinato un trattamento incongruo in quanto 159 

pz. risultavano, ad una valutazione funzionale, affetti da piattismo. Una incidenza di errore diagnostico del 42,51%.

Solo il gruppo di pz. con impronta morfologica piatta è risultato anche funzionalmente piatto.


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